Cominciare un percorso di analisi è una faticaccia. Svelare la propria storia ad un estraneo, sbloccarsi e riuscire ad essere trasparenti di fronte all’altro e a se stessi richiede settimane di prove, di errori, di impegno. Così, bene o male, è per tutti. Per tutti, eccetto che per Alexander Portnoy, ibrido tra Zeno Cosini, Bojack Horseman e Alvy Singer di Io ed Annie. Ebreo, erotomane, cinico fino al parossismo eppure inevitabilmente coinvolto, Portnoy sembra non avere alcuna remora nel denudarsi completamente davanti al proprio analista-lettore e a ripercorrere gli aspetti salienti della propria esistenza. Dall’infanzia, vissuta in uno dei quartieri ebraici di Newark, Alexander si trascina fino all’età matura l’ombra di due figure genitoriali insopportabilmente apprensive e repressive e il peso di una tradizione giudaica continuamente sbeffeggiata ma rispettata nei suoi assurdi divieti. Il risultato? Il perenne terrore del giudizio, altrui e proprio.
Non finisce qui: il giovane e inappagato Alexander trova negli sfoghi sessuali la chiave della propria liberazione e lo spunto per la propria emancipazione; tendenza che dall’adolescenza lo accompagnerà per sempre e che diventerà per lui il filtro interpretativo di ogni situazione. Il romanzo di Roth, pubblicato in America nel ’69, conquista per due motivi. Primo: è una sintesi di umorismo e critica ai valori sociali, religiosi, familiari che ognuno di noi è destinato ad affrontare nella propria vita, ed è impossibile non riconoscere almeno una parte di sé nel monologante nevrotico e frustrato che ce la dispiega di fronte. Secondo: la scrittura di Roth è incredibilmente piacevole. Le rivelazioni di Portnoy al proprio analista sono quelle di un uomo avvilito e richiedono una scurrilità che non viene evitata, e che anzi è necessaria e trova una dignità. La lingua dell’autore, nella traduzione di Roberto Sonaglia, è audace, densa, meravigliosamente eloquente. Roth allestisce un palcoscenico in cui il turpiloquio danza con la trasparenza, il sarcasmo con le frustrazioni; e il balletto in cui le impegna è lo stesso che, ogni giorno, frulla anche dentro ognuno di noi.
Il lamento di Portnoy di Philip Roth, traduzione di Roberto Sonaglia, Einaudi.
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