Due vite

Emanuele Trevi è un padrone di casa premuroso, ha il piglio disinvolto e cortese di chi accoglie il lettore nel proprio salotto, lo fa accomodare in poltrona, si accende una sigaretta e comincia a raccontare, sicuro che quell'altro lo starà a sentire dall'inizio alla fine senza mai distrarsi.

Due vite, candidato al Premio Strega e pubblicato da Neri Pozza ormai un annetto fa, è la storia di Rocco Carbone e Pia Pera, entrambi scrittori, entrambi amici stretti di lunga data dell'autore, entrambi scomparsi prematuramente: per un caso improvviso e fatale lui, per una malattia lenta e inarrestabile lei.

Trevi ripercorre le due vite, traccia la cronografia dei loro rapporti, ritrae con pennellate rapide eppure precisissime, fatte di una scrittura meravigliosa e vitale, i caratteri dei due amici e ce li restituisce in tutta la loro complessa umanità. Carbone è difficile, eternamente tormentato, ostinato e severissimo ma capace di passioni totali; Pera è maliziosa e scintillante, leggera e insieme profonda, saggia. In mezzo, c'è il mondo che lega i tre, fatto di romanzi, libri da leggere e da scrivere, amori che vengono e passano, quadri che indicano l'origine del mondo e passeggiate notturne in una Roma deserta per cercare sigarette di contrabbando.

La scrittura, ci dice Trevi, è il modo migliore per evocare i morti, un rimedio per la nostalgia. Perché, come spiega, “noi viviamo due vite, entrambe destinate a finire: la prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene. E quando anche l'ultima persona che ci ha conosciuto da vicino muore, ebbene, allora davvero noi ci dissolviamo, evaporiamo, e inizia la grande e interminabile festa del Nulla”.

Arianna, 13 maggio 2021